“Stalin, un altro punto di vista”, Sintesi del libro di Ludo Martens

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diavoletto nero
CAT_IMG Posted on 28/3/2013, 15:09 by: diavoletto nero




“Stalin, un altro punto di vista”.
Sintesi del libro di Ludo Martens



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Mi rendo conto che far conoscere la vita, la figura e l’attività di Stalin sia alquanto arduo e “impopolare”, stante le imposture interessate di nazisti e neoliberisti di ieri e di oggi o la furia propagandista anticomunista e antistalinista scatenata da decenni. Stalin come Hitler, ci dicono, rovesciando la realtà storica e il ruolo del rivoluzionario e del grande statista sovietico e marxista.
Chi è Ludo Martens? Ludo Martens (1946-2011) è stato uno storico e politico belga, noto per il suo lavoro sull’Africa francofona e sull’Unione Sovietica. È stato anche il presidente del Partito Laburista del Belgio. Nel 1968 aderì alle tesi del marxismo-leninismo,sposando la linea politica del PPC e criticando la deriva revisionistica dell’URSS a partire dagli anni ’70. Riguardo a Solženicyn e alla sua opera Arcipelago Gulag, Martens ha dichiarato: “Questo uomo è diventato la voce ufficiale per il 5 per cento di zaristi, borghesi, speculatori, kulaki, sfruttatori, mafiosi e Vlasoviani, tutti legittimamente repressi dallo stato socialista” (wikipedia). Nel 1994 ha pubblicato il volume “Stalin, un altro punto di vista“

In occasione dell’anniversario della morte di Stalin (60 anni nel 2013) – comunista e statista vituperato dai nazisti di Hitler (sconfitti),dai maccartisti USA degli anni ’30, dai guerrafondai di sempre e dalla propaganda imperialista di ieri e di oggi- ritengo istruttivo sintetizzare i contenuti del libro di Martens che ricostruiscono, con dovizia di prove, una storia del tutto mistificata e largamente sconosciuta.

Breve biografia del giovane Stalin (1879-1917)

Stalin nacque il 21 dicembre 1879 a Gori, in Georgia,da una famiglia povera: il padre calzolaio e la madre figlia di servi. Ragazzo sveglio e promettente, grazie ad una borsa di studio, ebbe l’opportunità di studiare in un seminario teologico ortodosso di Tbilisi, da dove fu espulso a causa dell’attività politica per il Partito socialdemocratico russo. Infatti nel 1898 era entrato nel movimento marxista clandestino dopo aver conosciuto alcuni deportati politici, spinto ad un’azione concreta dal suo spirito antagonista per contribuire a modificare la situazione di ingiustizia e di degradazione in cui erano costrette a vivere le masse popolari sotto il regime zarista. Nel 1900, a 21 anni, venne arrestato e nel 1902 deportato in Siberia con l’accusa di avere organizzato agitazioni. Nel 1904 riuscì a fuggire e a tornare in Georgia dove divenne un rivoluzionario e un membro di spicco del partito; arrestato più volte , riuscì sempre a fuggire. Nel 1912 venne chiamato da Lenin a Pietroburgo nel Comitato centrale del partito, ma nel 1913, fu nuovamente esiliato in Siberia dove rimase fino alla cacciata dello Zar, grazie alla rivoluzione sovietica di Lenin, Stalin ed altri.

Capace organizzatore, dotato di grande energia e rigore di modi e di metodi, Stalin, strettamente fedele alle direttive di Lenin, divenne uno dei principali capi della Rivoluzione d’ottobre, del nuovo stato socialista: e dell’URSS. Il suo ruolo e il suo potere politico crebbero durante la Guerra civile russa in cui svolse compiti politico-militari di grande importanza, entrando spesso in rivalità con Lev Trockij. Alla rivoluzione permanente e globale di Trockij, Stalin opponeva la difesa della rivoluzione sovietica e leninista in Russia del 1917. Sugli eventi storici di quegli anni Martens fornisce la sua ricostruzione ben documentata.


Sintesi del libro di Ludo Martens



“Stalin, un altro punto di vista” – Ludo Martens

Nella prefazione al libro, Adriana Chiaia, curatrice, parte dagli ultimi eventi reazionari che hanno investito la Russia di Eltsin e di Putin, con la disgregazione dell’URSS e la furia iconoclasta anticomunista che ha colpito perfino simboli, ricorrenze, celebrazioni della gloriosa rivoluzione d’ottobre. Richiamando i contenuti del libro, sconfessa tutte le calunnie e le menzogne imperialiste che ci vengono ripetute, non solo da anticomunisti e fascisti, ma dai revisionisti, europei e mondiali, che pullulano nei nostri mass-media. Proprio dopo la morte di Stalin, con Chruscev e Gorbaciov, il revisionismo si diffonde in Russia ed altrove. L’ideologia revisionista è stata adottata, opportunisticamente, dai partiti comunisti dei Paesi capitalisti occidentali con conseguenze disastrose, sia per questi partiti che per le democrazie costituzionali nazionali ed europee (subordinate all’imperialismo USA, sionista e della UE). Invece gli ideali del marxismo-leninismo, ai quali Lenin e Stalin si sono ispirati, costituiscono, oggi come ieri, la speranza e la soluzione liberatoria per milioni e milioni di persone vittime dell’imperialismo.

Il libro di Martens (360 pagg.) ricostruisce, con dovizia di documenti e di testimonianze, la storia, il ruolo e l’attività della rivoluzione sovietica e di Stalin, dai suoi primi anni (1898) fino alla sua morte (marzo 1953). Non è inutile ricordare che i suoi funerali furono un evento storico per tutti i proletari, gli sfruttati e i comunisti del mondo che in Stalin vedevano una grande speranza di lotta antimperialista e socialista. A Mosca 4,5 milioni di russi seguirono il suo corteo funebre. Tutti illusi ed ignoranti?

Più che sintetizzare i contenuti del libro, impresa improba e discutibile per chi legge, mi sembra più utile richiamare, per punti, i principali fatti che demistificano la propaganda antistaliniana.


1. Il dissidio Stalin-Trockij

Si tratta di un dissidio ideologico e politico tra due protagonisti della rivoluzione bolscevica che si sviluppa in un preciso momento storico, di cui bisogna tener conto con onestà intellettuale. Stalin, subito dopo la vittoria della rivoluzione antimperialista, è costretto a contrastare la furia poderosa e rabbiosa di tutte le maggiori potenze capitaliste, intenzionate a stroncare quella rivoluzione, la prima nella storia del mondo che diventava l’esempio per altri Stati e continenti del mondo. Non solo, era in corso in Russia una guerra civile e una grave carestia che, con l’appoggio esterno, rischiava di liquidare la neonata rivoluzione sovietica. La guerra civile russa (1918-21) provocò 9 ml di morti, soprattutto a causa della diffusa carestia: lo Stato sovietico usciva debolissimo e stremato dalla guerra dello Zar e dalla sua politica. La tesi di Stalin – difesa prioritaria della neonata rivoluzione in Russia – deriva da questa esigenza vitale e conquista perciò la maggioranza del partito. E’ davvero incomprensibile tutto ciò?

La tesi di Trockij – rivoluzione mondiale permanente e globale – per quanto attraente, è apparsa alla maggioranza del partito astratta, prematura ed impraticabile nel contesto dato, tanto più se la rivoluzione bolscevica fosse stata annientata dagli attacchi esterni ed interni (la borghesia russa sconfitta tentava la sua rivincita). Le due tesi, come si comprende, erano antitetiche, solo una doveva e poteva prevalere,e così fu. Speculare su questo legittimo e naturale dissidio politico – come fanno imperialisti, revisionisti e trockisti – è strumentale e inaccettabile, perché la storia non si fa con i “se” o i “ma”, ma con i fatti e le decisioni maggioritarie. E’ documentato: Trockij, espulso dal partito per “frazionismo” e poi esule, ha trovato il suo bersaglio principale, non negli imperialisti aggressori, ma in Stalin e nella neonata rivoluzione bolscevica. Molti suoi scritti e discorsi hanno messo in dubbio la possibilità della rivoluzione sovietica di affermarsi, fino al punto di lanciare accuse personali contro Stalin e il suo stesso partito, dal quale fu espulso con decisione maggioritaria. Ma il “frazionismo” di Tockij continuò, mettendo a grave rischio gli esiti della neonata rivoluzione.

Alla luce della realtà storica Stalin ha avuto ragione: ha salvato la rivoluzione bolscevica dagli attacchi esterni ed interni, ha sconfitto il nazismo invasore di Hitler (con 23 milioni di morti), ha edificato una Russia potente e una forte alleanza di Stati, l’URSS, contenendo e contrastando l’egemonia invasiva degli USA e della Nato nel mondo. Le lotte vittoriose di liberazione anti-coloniali, le rivoluzioni comuniste vittoriose (Cina e Corea del Nord), la diffusione delle idee comuniste nel mondo hanno avuto nell’URSS di Stalin il primo esempio vincente e un sostegno ideale e materiale decisivo. E’ forse colpa di Stalin (morto), se le rivoluzioni socialiste non hanno avuto poi vittorie planetarie, ma un regresso storico? Ciò non dipende forse dal revisionismo, dai tradimenti e dal potere egemonico dell’imperialismo armato? Il comunismo rivoluzionario europeo – in Spagna, in Germania, in Italia (Gramsci) e altrove – è stato stroncato dal nazismo di ieri e di oggi. Né una rivoluzione socialista può essere “esportata”, deve affermarsi con le idee e la forza dei suoi cittadini.


2. Il testamento di Lenin

I detrattori di Stalin sostengono che Lenin, padre della rivoluzione, aveva designato Trockij come suo successore, ma Stalin, con un colpo di mano, lo sostituì, defenestrandolo. Ma la storia e i documenti dicono tutt’altro: Stalin, su proposta di Lenin, fu nominato segretario del partito. Era la sola persona membro del Comitato centrale, dell’ufficio politico, dell’ufficio organizzativo e della segreteria del partito. Durante l’ultima fase di vita di Lenin, il partito aveva incaricato Stalin di tenere i rapporti con lui. Le intenzioni di Lenin malato erano comunque quelle di evitare una scissione nel partito, centrata su Stalin o Trockij. In ogni caso, a chi spettava nominare il successore, a Lenin morente o al partito bolscevico?


3. La industrializzazione e la collettivizzazione socialista

Lenin, a proposito della questione se fosse possibile edificare il socialismo in un Paese arretrato e non industrializzato, aveva dichiarato: “Il comunismo è il potere dei Soviet più l’elettrificazione di tutto il Paese”. E’ esattamente ciò che fece Stalin, sia pure a tappe forzate e in mezzo a pesanti difficoltà interne ed esterne. Trockij invece esprimeva forti contrasti su questa politica. Ma se l’industrializzazione del Paese non si fosse realizzata, in tempi e modi rapidi, il nazismo hitleriano avrebbe occupato la Russia ed eliminato il socialismo sovietico, con grande soddisfazione delle potenze imperialiste. Con la industrializzazione rapida e la collettivizzazione agraria, attuata in mezzo a mille difficoltà e resistenze dei latifondisti spodestati, in pochi anni(1920-1938) Stalin ottenne miracoli economici ed industriali clamorosi, ampiamente documentati da dati oggettivi. In 11 anni, dal 1930 al 1940, l’ Unione sovietica ha avuto una crescita industriale media del 16,5%. Il fondo di accumulazione passò da 3,6 ML di rubli (1928) a 23 ML di rubli.

Altra grande impresa staliniana fu quella della rapida espansione dei Kolchoz – fattorie collettive di proprietà contadina – che si contrapposero ai Kulak – aziende agricole di stampo zarista – che volevano impedirne con ogni mezzo lo sviluppo,anche con la propaganda, il boicottaggio, lo sterminio dei cavalli, l’incendio dei fienili ed altre azioni criminali, fino all’uccisione dei militanti bolscevichi. I Kulaki trovarono anche un insperato sostegno ideologico in Kautsky che criticava la “aristocrazia sovietica” ed auspicava una “insurrezione contadina contro il regime bolscevico”: le stesse speranze nutrivano le aristocrazie europee secondo un programma che sarà adottato nel 1989 dai restauratori del capitalismo in Europa dell’est e in URSS. Ma l’azione del partito sovietico e di Stalin ebbe successo: i Kolchoz raggiunsero numeri percentuali ragguardevoli in molte regioni (tra il 60 e il 76%). Una popolazione contadina di 132 ml di persone fu in grado di alimentare una popolazione urbana di 61 ml tra il 1926 e il 1940.

Ovviamente questi successi furono realizzati con grandi sacrifici dei contadini russi, come era inevitabile e necessario per ragioni vitali della l’Unione sovietica. Fu questo grande sviluppo economico e produttivo che consentì all’URSS di resistere e ricacciare la grande armata hitleriana, mentre le potenze occidentali “democratiche” rimanevano passive e rifiutavano ogni aiuto concreto alla Nazione invasa. Peraltro il disegno aggressivo di Hitler è andato molto vicino a realizzarsi, arrivando fino alle porte di Mosca. Grazie al prestigio e alle capacità politiche e militari di Stalin, i nazisti furono ricacciati e iniziò il loro declino in Europa e in Giappone. Sappiamo dal libro di F. Gaia “il secolo corto” che gli USA sganciano le due bombe nucleari sul Giappone proprio per evitare che l’imperatore Hirohito si arrenda ai sovietici, portando così il Paese sotto l’influenza del nemico comunista. Una ragione analoga riguarda, a mio avviso, l’intervento USA in Europa (dove basi e militari USA sono oggi insediati): si doveva evitare che il comunismo europeo ed italiano si saldasse con quello sovietico, mutando così le sorti del continente. Gli accordi di Yalta del 1945, con la divisione in zone di influenza USA/URSS, furono imposti da USA/UK a Stalin (in minoranza) che dovette subirli per evidenti necessità geopolitiche e di rapporti di forza. Eppure politici e giornalisti nostrani ancora ci dicono che gli USA ci hanno “liberato”.


4. Le “purghe” e la “repressione staliniana”

Sono questi gli argomenti che vengono evocati non appena si nomina il nome di Stalin. Lo si nomina solo per dire che era un “feroce dittatore”, che “ha sterminato migliaia di oppositori per ambizione di potere”, che “le sue vittime principali sono proprio i veri rivoluzionari della prima ora”, ecc. ecc. Di cosa si tratta in realtà? Del fatto che una rivoluzione vittoriosa all’inizio, può essere poi messa in crisi e sconfitta per fattori interni (tradimento) ed esterni (nazismo, guerra fredda, potenze imperialiste). La rivoluzione sovietica aveva colpito interessi consistenti delle oligarchie e dei ceti parassitari della Russia zarista, che non rimasero certo passivi e che tentarono, a più riprese e con ogni mezzo, di opporsi ad essa, anche infiltrandosi all’interno del partito e nei ranghi dell’esercito. Sono reazioni classiste presenti in ogni processo rivoluzionario effettivo della storia umana, come nella Russia sovietica: esse si appoggiano anche a poteri esterni, nel tentativo di restaurare l’ordine precedente “sovvertito”.

E’ sintomatico che, dopo la morte di Stalin, esponenti di primo piano del partito sovietico – come Kruschev, Gorbaciov, Eltsin, ed altri – promettendo “democratizzazione”, “maggior potere ai soviet”, “destalinizzazione”, “nuovo impulso rivoluzionario”, ecc. – abbiano di fatto prodotto la fine dell’URSS e del socialismo sovietico a tutto vantaggio dell’imperialismo occidentale, con gravissimi danni economici e morali dei cittadini e dei lavoratori di tutti i Paesi. Un processo involutivo storico che il plenum del comitato centrale del PCUS aveva avvertito già nel 1937, nell’imminenza della aggressione nazista, decidendo di organizzare una “grande purga” contro i nemici della rivoluzione sovietica (come risulta dai documenti ritrovati nel frattempo).

Si tratta dell’epurazione del 1937-38 decisa dal partito dopo l’uccisione di Kirov – numero due del partito bolscevico, ucciso da un sicario iscritto al partito – sulla quale hanno speculato per decenni nazisti, fascisti, imperialisti occidentali, socialisti e comunisti “pentiti”, giornalisti, propagandisti di mestiere. Ludo Martens riporta testimonianze e documenti che dimostrano come il pericolo contro-rivoluzionario fosse concreto e anche interno al partito stesso. Nel 1936 si arrivò alla scoperta di legami certi tra i “controrivoluzionari” del partito – Zinov’ev, Kamenev e Smirnov – e il gruppo anticomunista di Trockij all’estero. Vi furono anche sabotaggi violenti nelle miniere di zinco del Kazachstan e nelle fabbriche di Magnitogorsk. Si tennero perciò dei processi nei quali alcuni degli indiziati riconobbero le loro colpe e furono condannati a morte dai tribunali russi: uno di questi fu Bucharin che ebbe un rilevante ruolo sovversivo anti-sovietico.

Vi fu anche una cospirazione anticomunista nell’esercito guidata dal maresciallo Tuchacevskij ed altri comandanti, che furono processati e giustiziati. Si scoprirono anche comandanti sovietici che collaboravano segretamente con Hitler, come Vlasov e altri, prima e durante l’invasione germanica in Russia. Altro grande propagandista antistaliniano è stato Solzenicyn, letterato zarista osannato dai media imperialisti, per i suoi libri, come “Arcipelago Gulag”. Ci sono molte “fantasie” sul numero effettivo delle persone condannate o espulse dal partito nel periodo della “grande purga” che i nostri libri scolastici reclamizzano. Ad es. Robert Conquest riferisce di 10-12 milioni di internati nei Gulag e 2 milioni di giustiziati. Ma dopo il crollo dell’URSS i discepoli di Gorbacev diffusero i dati degli archivi ufficiali sovietici : il numero totale dei detenuti, politici e comuni, in campi di lavoro risultavano essere 510.307 (25-33% di politici). In due anni i decessi nei campi furono 115.922 (anche per cause naturali). L’epurazione del PCUS e di Stalin non mirava ad eliminare la “vecchia guardia bolscevica”, ma solo i sabotatori della linea del partito : nel 1934 c’erano 182.600 “vecchi bolscevichi” (iscritti entro il 1920). Nel 1939 se ne contavano 125.000, quindi la grande maggioranza di loro (69%) era rimasta nel partito, il 31% ne era uscito, anche perché morti per anzianità.

Credo perciò che i numeri diffusi nel mondo come “vittime dello stalinismo” vadano adeguatamente rivisti, con buona pace degli imbonitori occidentali, e valutati nel contesto della situazione storica di allora. Si tratta comunque di cifre drammatiche, ma la rivoluzione non è , purtroppo, un “pranzo di gala”. Queste misure, pur necessarie e radicali, si mostrarono però perfino inadeguate. Infatti, dopo la morte di Stalin, i “restauratori” presero il controllo del partito e del Paese: il revisionista Chruscev e il maresciallo Zukov, suo braccio armato nel periodo dei suoi due colpi di Stato, nel 1953 (affare Berija) e nel 1957 (affare Molotov-Malenkov-Kaganovic). Stalin ebbe anche contatti positivi con Mao Tse Dung, artefice della grande rivoluzione comunista cinese che dalla rivoluzione russa ha tratto utili insegnamenti, sia nel periodo staliniano che successivamente. E’ stato anche un teorico del marxismo, della rivoluzione e della guerra antifascista.


5. Il patto “tedesco-sovietico” del 23 agosto 1939

Altre calunnie ed accuse inventate contro Stalin i propagandisti occidentali hanno diffuso per decenni, come lo stesso Stalin aveva previsto prima di morire. Tra queste, l’incapacità e gli errori commessi durante la invasione nazista e il “patto tedesco-sovietico”, raccontato come collusione con il nazismo di Hitler.

Ancora un falso : Stalin aveva ben compreso le idee egemoniche di Hitler fin dalla sua ascesa (1933) ; conosceva la sua potenza militare e tecnologica e diffidava (giustamente) della ipocrisia e della inerzia delle potenze occidentali (avverse al comunismo sovietico). Esse si mossero infatti solo quando furono diretta- mente attaccate nei loro territori ed interessi. Aveva bisogno di tempo per rafforzare e riorganizzare il suo apparato militare di difesa/offesa contro Hitler, : quel patto serviva appunto a guadagnare il tempo appena necessario (come dimostrerà l’avanzata tedesca fino alle porte di Mosca). Stalin era già in campo contro il nazismo offensivo di Hitler : in Austria invasa dai tedeschi, mentre Inghilterra e Francia ignoravano l’appello staliniano per una difesa ; in Cecoslovacchia, dove le potenze occidentali decisero di consegnare ad Hitler la regione dei Sudeti, senza combattere. Francia e Inghilterra firmarono anche un accordo di non belligeranza reciproca con Hitler. Nel maggio del 1939 l’esercito giapponese, alleato di Hitler, invase la Mongolia, alleata dell’URSS che scese in guerra contro le truppe giapponesi, sconfiggendole e liberando il Paese. Il giorno successivo Hitler invase la Polonia con lo scopo di avvicinarsi all’URSSprima di invaderla.

Nel marzo 1939 l’URSS aveva tentato inutilmente di costruire una alleanza anti-nazista con Francia ed Inghilterra, ma queste nicchiavano e intanto si accordavano con Hitler perchè invadesse l’URSS, rispar- miando le loro nazioni. Hitler capì che questi due Paesi avevano minori volontà e capacità di resistere, per cui le affrontò prioritariamente, proponendo all’URSS un patto di non aggressione, che Stalin firmò il 23 agosto del 1939, guadagnando così 2 anni preziosi (fino a giugno 1941) per il rafforzamento militare ed economico del suo Paese. Ma gli effetti anti-nazisti del patto siglato da Stalin furono anche altri (citati nel libro).

Ancora una volta aveva visto giusto e la storia gli ha dato ampiamente ragione. In definitiva Stalin viene calunniato e demonizzato dai suoi nemici e dalla propaganda occidentale e revisionista per avere realizzato concretamente le idee di Marx e di Lenin, in una Paese arretrato ed accerchiato dall’imperialismo. Stalin è anche lo spartiacqua reale tra comunismo ed anti-comunismo. Non so se la ricostruzione storica di Martens sia più o esatta e condivisibile. Credo però che sia necessario conoscerla per valutare con equilibrio ed onestà l’opera e la figura di Stalin , sia per la storia dell’URSS che per quella del mondo intero.

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Edited by diavoletto nero - 28/5/2013, 20:31
 
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